Vorrei dichiararlo fin dalla prima riga: di questo ottimo thriller di Hollie Overton non mi assumo — in quanto traduttore — alcuna responsabilità per il titolo dell’edizione italiana. L’originale, Babydoll (“Bambolina”), sarebbe stato un titolo migliore, a mio parere, e soprattutto più consono al contenuto del romanzo, senza richiamare alla memoria in modo quasi ridicolo i titoli-stereotipo di vecchi film horror — li conoscete anche voi, suvvia: Quella casa accanto al cimitero e tutti i suoi derivati.
Ciò detto, La casa in fondo al viale (che sarà il titolo che userò d’ora in avanti) è forse uno dei thriller più particolari che io abbia tradotto negli ultimi anni. La storia, in sé, era a forte rischio banalità, ma l’autrice ha saputo volgerla a proprio favore, interpretandola in modo insolito e inatteso fin dalle primissime pagine.
L’autrice
Hollie Overton ha un suo sito web, www.hollyoverton.com, che vi invito a visitare.
Nel caso non ne abbiate voglia, no worries: qualcosa su di lei ve lo dico io: nata a Chicago, è stata adottata, e ha una sorella gemella, Heather, che è anche la sua migliore amica — attenzione, questo dato biografico risulterà molto importante.
Dopo essersi fatta coraggio, ha partecipato a un bootcamp della Warner Bros per aspiranti sceneggiatori (eh sì, negli USA li fanno per gli scrittori, qui dobbiamo emozionarci per i bootcamp di X Factor) e ha finito per essere assunta come sceneggiatrice per la serie crime Cold Case (trasmessa e molto conosciuta anche in Italia).
Oltre a Cold Case, di cui ha firmato come autrice la settima e ultima stagione, Overton è autrice delle serie TV Shadowhunters, basata sui bestseller di Cassandra Clare The Mortal Instruments, e di The Client List, con Jennifer Love Hewitt come protagonista.
Nel 2012 ha deciso di cimentarsi con la scrittura di un thriller e, per quanto leggendolo sembri impossibile, data la maestria con cui Overton si districa in una storia irta di possibili trabocchetti narrativi, Babydoll (ooops, volevo dire La casa in fondo al viale) è il suo primo romanzo.
Inoltre, nonostante la giovane età, Overton è membro della Crime Writers Association e della International Thriller Writers Association.
Il suo secondo, attesissimo romanzo, The Walls, sta per essere pubblicato negli Stati Uniti.
La storia
Come ho già accennato, la trama di Babydoll (ooops…) poteva essere la classica trappola narrativa in cui un’autrice al primo romanzo poteva cadere — e facendosi anche male, tra l’altro.
Lily Riser, adolescente, viene rapita dal suo insegnante (tranquilli, non è uno spoiler, nel libro viene rivelato da subito), Rick Hansen, e tenuta segregata in un’isolata casupola di campagna (sarà questa la “casa in fondo al viale”? mah…) per ben otto anni.
Otto lunghissimi anni di sevizie e di torture, un rapporto malato e perverso di cui Lily è vittima, tenuta in vita soltanto dalla speranza di riabbracciare Abby, la sorella gemella — vi avevo avvisati che era importante — e, soprattutto, dalla figlia Sky, di sei anni, che ha avuto dal suo carceriere.
Capite dove sta la possibile trappola dello stereotipo in agguato? Non solo la storia assomiglia a recenti fatti di cronaca, ma — se la storia fosse questa — ne avremmo già lette a centinaia.
Invece no: Hollie Overton stravolge ogni aspettativa, e di fatto fa iniziare il romanzo nel momento in cui Rick Hansen, per la prima volta in otto lunghi anni, ha un attimo di distrazione e lascia inavvertitamente aperta la porta del cottage.
Non a caso, l’edizione americana riporta in copertina la dicitura Escape is just the beginning — ovvero La fuga è soltanto l’inizio.
Il thriller di Overton inizia quando ogni altro thriller stereotipato di questo genere finirebbe: con la fuga di Lily nella gelida notte invernale in compagnia della figlia Sky che — ironia onomastica — non ha mai visto il cielo in tutta la sua vita.
È qui che Hollie Overton si lancia in una storia avvincente, commovente e piena di colpi di scena: dal momento in cui Lily si presenta di fronte alla porta di casa, scoprendo quasi con orrore di essere rimasta prigioniera per otto anni a pochi chilometri da dove abitava prima, il romanzo prosegue senza sosta, mai banale, e soprattutto trova fondamento e giustificazione nel rapporto simbiotico, particolare e unico che lega Lily alla gemella Abby.
Rick Hansen — per questo non ho messo nessuno spoiler alert — viene subito arrestato, e da questo momento in avanti ha inizio un lungo calvario processuale da un lato, e emotivo dall’altro, con Lily e Abby che tentano di recuperare il loro rapporto. Overton supera se stessa esplorando le difficoltà estreme che può avere una ragazza che è rimasta isolata e prigioniera per otto lunghi anni nel reinserirsi in una società e in una comunità che, ormai, l’avevano data per morta già da molto tempo — con la complicità, ovviamente, dell’irreprensibile insegnante di letteratura Rick Hansen.
Non solo: nel frattempo, Abby, la sorella gemella, ha avuto un crollo psico-fisico e ha trovato conforto in Wes, il primo grande amore di Lily. È anche rimasta incinta. I due si sentono ovviamente in colpa, e anche questo diventerà un elemento narrativo fondamentale che Overton saprà risolvere con maestria, senza concedere mai nulla alla banalità.
Una (doverosa) nota a margine
Quando ho letto la quarta di copertina — che corrisponde esattamente alla “presentazione” su Amazon — sono rimasto esterefatto (anche se la scritta in copertina, «Due gemelle. Una contro l’altra» avrebbe dovuto insospettirmi): il romanzo viene presentato, incredibilmente, come una sorta di cupa vendetta di Abby nei confronti di Lily.
Niente di più falso!
Mi chiedo, sul serio, se chi ha scritto la quarta di copertina abbia letto davvero il libro. É ingannevole presentare La casa in fondo al viale in questo modo, quando in realtà il romanzo è praticamente l’opposto: l’amore tra Lily e Abby è la vera forza motrice di tutta la storia, l’impalcatura su cui si regge l’intera sfera emotiva della narrazione, e non vi è pagina in cui non sia presente una lotta strenua delle due gemelle per ritrovare l’intesa quasi ultraterrena che possedevano prima del rapimento. (Non a caso, Hollie Overton dedica il romanzo alla sua gemella reale, Heather.)
Si tratta di un totale rovesciamento della trama, e sembra una svista davvero importante. Se da un lato bisogna — e si deve — riconoscere a Mondadori e alle persone che si occupano della narrativa straniera il merito indiscutibile di aver “scoperto” Hollie Overton e di averla portata all’attenzione del pubblico italiano, dall’altro non ci si può esimere dal sottolineare una presentazione quantomeno fuorviante.
La traduzione
La traduzione di Babydoll non ha presentato difficoltà particolari, e questo grazie allo stile lineare e molto televisivo (non a caso si tratta di una sceneggiatrice) di Overton.
Ma, come ho già fatto nell’analisi/recensione di altri libri da me tradotti (su questo sito trovate The Portable Veblen di Elizabeth McKenzie e The Making of Donald Trump di David Cay Johnston), vi presento un paio di brani che a mio giudizio sono rappresentativi dal lavoro di traduzione da me svolto per Babydoll e spero possano aiutarvi a comprendere meglio il passaggio dall’originale all’italiano.
Il primo è un brano in cui la protagonista è Abby — che ancora non sa che sua sorella è tornata a casa.
che io ho tradotto così:
Il secondo è un brano, con Lily protagonista, in cui possiamo intuire tutta la sua coraggiosa determinazione:
“Don’t be afraid, Chicken. This is a bathtub. It’s going to feel so good and we’ll get all nice and clean.”'Babydoll', capitolo 8
da me tradotto così:
«Non aver paura, Pulcina. Questa è una vasca da bagno. Sarà bellissimo, ti sentirai benissimo, e poi saremo lavate e profumate.»
Inoltre, approfittando del nuovo servizio offerto da Amazon (che da poco consente di incorporare gli estratti degli ebook anche su siti indipendenti), cliccando sull’anteprima qui sotto potrete leggere un ampio estratto de La casa in fondo al viale (che è ovviamente in vendita anche in formato cartaceo).
Conclusioni
Se si fa la tara alle scelte piuttosto discutibili in merito alla presentazione del libro (dopotutto, il libro è ancora tutto lì, dentro la copertina, sano e intatto, piacevolissimo da leggere), La casa in fondo al viale è un thriller atipico, particolare, scritto molto bene e che non vi deluderà: Hollie Overton è in grado di mantenere la suspense dalla prima all’ultima pagina, e soprattutto è in grado di farlo anche quando, in teoria, la suspense dovrebbe essere finita — addirittura, sceglie di iniziare il romanzo proprio da lì.
Una scelta coraggiosa, che paga, ed è prodromo di una scrittrice di cui, spero, sentiremo parlare ancora.
___
Lo leggerò senza dubbio. Adesso mi sto cimentando con “Ruggine”. Poi posso lasciare un commento? :-)))
Carissimo, puoi lasciare tutti i commenti che vuoi! 🙂
Questo è un bel thriller… l’ho trovato atipico e divertente, molto ben scritto.