Libri tradotti — “The Making of Donald Trump”

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La copertina italiana di "Donald Trump"
La copertina italiana del libro

In questi giorni è uscita, per Einaudi, l’ultima traduzione che ho affrontato nel 2016: il libro di David Cay Johnston Donald Trump (titolo originale: The Making of Donald Trump). Non c’è da stupirsi, data la natura del libro, che la mia ultima traduzione del 2016 sia la prima a uscire nel 2017: l’eccezionalità e l’urgenza dell’argomento del libro sono tanto ovvie che non necessitano di spiegazioni ulteriori.

Un elemento che, invece, merita un approfondimento è il fatto — che ai più non sfuggirà — che non sono l’unico traduttore di questo libro. Per la precisione, ce lo siamo divisi in quattro: io, Emilia Benghi, Andrea Mattacheo e Elisabetta Spediacci.

Non sono entrato nel merito, ma credo di non discostarmi troppo dalla realtà quando ipotizzo che Einaudi — proprio come tutti gli organi di informazione — sia stata colta di sorpresa dall’elezione di Trump alla presidenza USA. Immagino avessero pronto un libro su Hillary Clinton, e che questo — interessante, estremamente interessante — studio/indagine su Trump fosse programmato in seguito, a 2017 più che inoltrato.

Il fatto di dividere la traduzione affidandola a più soggetti, assolutamente deprecabile quando si tratta di narrativa, è piuttosto innocuo quando si tratta di saggi e/o di scritti giornalistici (posto che vi sia, a valle, un apparato di editing efficace e professionale, cosa che a Einaudi certo non manca). Mi spiego subito: la traduzione di narrativa, basata com’è sulla fantasia, presenta alcune difficoltà stilistiche e interpretative — soprattutto nel trovare la “voce” del narratore, che va resa in italiano con pari efficacia — che si incontrano in quantità assai minore quando la scrittura è giocoforza più lineare, realistica e basata sui fatti come nel caso del libro di David Cay Johnston.

David Cay Johnston ospite della CNBC
David Cay Johnston ospite della CNBC

L’autore

Riassumere in poche righe la carriera enorme di David Cay Johnston come giornalista investigativo sarebbe impossibile e fuori luogo: se volete approfondire, qui trovate la pagina Wikipedia a lui dedicata.

Mi limiterò a fornire qualche informazione: nato nel 1948, David Cay Johnston è uno dei giornalisti investigativi più accreditati e riconosciuti degli Stati Uniti. Nel 2001 ha vinto il Premio Pulitzer per il giornalismo investigativo (Pulitzer Prize for Beat Reporting).

La copertina USA di "The Making of Donald Trump"
La copertina americana del libro

I suoi libri sul fisco e sull’economia statunitense hanno rivoluzionato il modo di vedere le tasse da parte del grande pubblico, tanto che Johnston è stato definito “l’autore della teoria più innovativa in campo economico [degli ultimi vent’anni]”. Sempre dalla parte dei cittadini, ma mantenendo un assoluto rigore nella maniacale — e doverosa — ricerca di documenti su cui basare i propri scritti, Johnston ha portato alla luce quegli aspetti del fisco e dell’economia americana che permettono ai ricchi di diventare sempre più ricchi e costringono i poveri a diventare sempre più poveri.

La motivazione del Premio Pulitzer ricevuto nel 2001 recita: “Per il suo giornalismo penetrante e intraprendente che ha esposto le scappatoie e le iniquità del sistema fiscale statunitense e che ha contribuito all’approvazione di riforme [legislative] significative”.

I suoi libri di maggior successo, prima di questo, sono Perfectly Legal: The Covert Campaign to Rig Our Tax System to Benefit the Super Rich — and Cheat Everybody Else (“Perfettamente legale: la campagna nascosta per truccare il nostro sistema fiscale a beneficio del super-ricchi — e fregare tutti gli altri”) che ha scalato le classifiche dei bestseller e ha vinto il premio “Libro dell’Anno 2003” dell’associazione americana dei giornalisti investigativi; e Free Lunch: How the Wealthiest Americans Enrich Themselves at Government Expense and Stick You With The Bill (“Pasto gratis: come gli americani più ricchi si arricchiscono a spese del governo e fanno pagare il conto a voi”). Fin dai titoli è chiaro che entrambi i libri, inediti in Italia, sono schierati dalla parte del cittadino comune contro i “poteri forti”.

Ma cosa rende David Cay Johnston un esperto di Donald Trump, a parte la sua irreprensibile deontologia professionale (che l’ha portato a ricevere diversi riconoscimenti anche dai suoi avversari più accaniti) e la sua autorevolezza di giornalista investigativo?

Ebbene, Johnston, tra le tante indagini svolte in carriera, si è occupato ampiamente dei casinò di Atlantic City, dove per un periodo si è addirittura trasferito. E lì, per forza di cose, ha conosciuto Donald J. Trump, con cui ha intrattenuto rapporti per quasi trent’anni, rapporti che per un certo periodo sono anche stati amichevoli. Quindi, molte delle cose che troverete in questo libro sono frutto di esperienza diretta.

Il libro

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The Making of Donald Trump è un libro inquietante. O meglio, riesce a far capire quanto in realtà sia inquietante il nuovo Presidente degli Stati Uniti: vengono esaminati tutti gli aspetti più oscuri — e sono moltissimi — della personalità e della “carriera” di Trump, dai suoi legami con le famiglie mafiose della Costa Est alle continue e reiterate truffe immobiliari che Trump ha perpetrato e continua a perpetrare ai danni degli investitori che raduna con metodi assai poco convenzionali, a volte coercitivi.

Fornisce inoltre uno spaccato sul carattere e sulla personalità di Trump: la sua incapacità di stare lontano dal centro dell’attenzione, la costruzione accurata del mito sulla sua persona, i rapporti equivoci con la figlia, la gestione “allegra” dei casinò e degli alberghi, per terminare con una sventagliata sulle sue idee politiche — in perenne mutamento e mimesi — e sulla sua brama di potere.

Quello che ne emerge è un quadro disperante e preoccupante.

Sarebbe bene che leggessero questo libro tutti coloro — e ce ne sono tanti, tantissimi, anche tra insospettabili dotati di QI medio-alto — che, nei giorni immediatamente successivi all’elezione di Trump, hanno invaso le bacheche di Facebook (compresa la mia) con considerazioni assolutamente idiote e superficiali, dichiarando pubblicamente tutta la loro gioia per la sconfitta del “mostro” Hillary Clinton.

La quantità di stupidaggini e castronerie che è esplosa come un bubbone su Facebook subito dopo l’elezione di Trump farebbe bene a passare prima dal setaccio offerto da questo libro e poi — solo poi — magari trovare la luce in commenti più ragionati.

La mia è una speranza vana, mi rendo conto: ciò non toglie che, per chiunque sia interessato al futuro degli Stati Uniti (e quindi, purtroppo, anche al nostro) e sia disposto a spingere il proprio ragionamento al di là della pur concreta e giustificabile avversione per la Clinton, questo libro rimane una tappa fondamentale per la comprensione di ciò che ci attende nei prossimi quattro anni (nella speranza che non siano otto).

Donald Trump sogghigna durante la campagna presidenziale
Donald Trump durante la campagna presidenziale

La traduzione

Come ho già detto a inizio articolo, non sono stato l’unico traduttore di Donald Trump. Io mi sono occupato dei capitoli conclusivi, delle note relative ai capitoli da me tradotti, dei ringraziamenti, della prefazione e dell’epilogo.

Abituato come sono a tradurre narrativa, la traduzione in italiano dei pensieri chiari, lineari e giornalistici di Johnston non ha presentato difficoltà particolari — se non quella, ovvia, di avere il massimo rispetto per lo stile di un Premio Pulitzer, seguendolo anche laddove, in italiano, siamo abituati a leggere reportage di tutt’altro tenore e qualità.

In ogni caso, vorrei riportare un esempio (come ho già fatto nell’articolo sulla traduzione di The Portable Veblen) che, in questo caso, serve forse più a rendere l’idea della filosofia di Johnston e del contenuto del libro più che a evidenziare la cifra adoperata per la traduzione.

Scrive David Cay Johnston nell’epilogo:

What I have attempted to do here was take my direct knowledge of Trump and the many thousands of pages of Trump documents I’ve collected in my half a century as an investigative reporter, and focus on the aspects of Trump’s conduct that I think are most important to understand who the forty-fifth president is. In winnowing down all the things I wanted to convey about Trump, I kept in mind two critical lessons for writers generally, plus a third for investigative reporters specifically:

Brevity, first and always, through the use of revelatory details and events, not every detail and every event.

Second, a lesson from F. Scott Fitzgerald, one of the most perceptive of American observers: action is character. Throughout this book, I have made reference to Trump’s conduct. We can never truly know his character, but we can examine and assess it based on his actions.

[…] Third, the skeptical credo of investigative reporters: If your mother says she loves you, check it out. Then crosscheck and cross-check again and again until you have the facts bolted in their proper place within the universe of the verifiable.

Pagina da me tradotta così:

Quello che ho tentato di fare qui è stato prendere la mia conoscenza diretta di Donald Trump e le molte migliaia di pagine di documenti su di lui che ho raccolto nel mezzo secolo che ho passato come giornalista investigativo, e focalizzarmi sugli aspetti del comportamento di Trump che credo siano i più importanti al fine di capire chi è il quarantacinquesimo Presidente degli Stati Uniti. Nel passare al setaccio tutte le cose che volevo trasmettere di Trump, ho tenuto a mente due lezioni importantissime per gli scrittori in generale, più una terza specifica per i giornalisti investigativi:

Brevità, come prima cosa e sempre, per mezzo dell’uso di dettagli ed eventi rivelatori, non usando tutti i dettagli e tutti gli eventi.

Seconda, una lezione di F. Scott Fitzgerald, uno degli osservatori americani più percettivi: l’azione è il personaggio. In tutto questo libro, ho fatto riferimento alla condotta e al comportamento di Donald Trump. Non potremo mai conoscere davvero il personaggio, ma possiamo esaminarlo e valutarlo basandoci sulle sue azioni.

[…]  E, terza regola, il credo scettico di ogni giornalista investigativo: se tua madre ti dice che ti vuole bene, verifica. Poi fai una controverifica e verifica di nuovo, e di nuovo, finché non hai i fatti saldamente assicurati al loro posto nell’universo del dimostrabile.

E ancora:

That is also why so much of this book is about Trump’s many complex and little-known relationships with criminals— a vast assortment of con artists, swindlers, mobsters and mob associates, a major drug trafficker he went to bat for, and other unsavory characters. Merely knowing people who are criminals is not the basis for condemnation. I’ve spent many hours of my life with crooked cops, drug dealers, pimps, prostitutes, police spies, foreign agents, and other rogues. They have been among my best sources.

[…] As these pages make clear, Trump’s relationships with criminals were often profitable, sometimes gratuitous, and never properly examined by those whose duty was to investigate.

Brano che io ho tradotto così:

E questo è anche il motivo per cui una parte tanto lunga di questo libro tratta delle molte relazioni, complesse e poco conosciute, di Donald Trump con i criminali — un vasto assortimento di artisti della truffa, imbroglioni, mafiosi e affiliati al crimine organizzato, un importante trafficante di droga di cui ha preso le difese e altri personaggi poco edificanti. Il semplice fatto di conoscere persone che sono criminali non costituisce la base per una condanna. Ho trascorso molte ore della mia vita con poliziotti corrotti, specciatori di droga, magnaccia, prostitute, spie della polizia, agenti stranieri e altri fuorilegge. Sono stati tra le mie migliori fonti.

[…] Come queste pagine dicono chiaramente, le relazioni di Trump con i criminali sono state spesso vantaggiose, a volte gratuite, e non sono mai state esaminate nel modo giusto da coloro il cui dovere era investigare.

Che altro dire? Buona lettura…

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Se questo approccio ai libri che ho tradotto vi interessa, ho già pubblicato un articolo simile su “The Portable Veblen” di Elizabeth McKenzie: potete leggerlo qui.

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