Dal 25 dicembre è disponibile su Amazon la riedizione della mia raccolta del 2001, King of Kings. Mentre preparavo la pubblicazione dell’ebook, mi sono accorto che — finalmente! — Amazon si è decisa a integrare in KDP anche la pubblicazione cartacea, che prima, con l’obbligo di usare CreateSpace, era quantomeno goffa (per usare un eufemismo) e macchinosa. (Non è che questa “piattaforma integrata” sia tanto intuitiva, ma è sicuramente un passo avanti.)
King of Kings — che ho ripubblicato con il titolo King of Kings Limited Edition 2016 (un po’ tamarro, mi rendo conto, ma mi divertiva molto) — ha una storia strana. Molto strana, se si pensa alla norma dell’editoria italiana. In parte l’ho raccontata nell’introduzione all’ebook, ma la ripeto anche qui.
La strana storia di King of Kings
Contrariamente a tutto ciò che scrivo (se si eccettua la lista della spesa e le ricette di cucina), le narrazioni contenute in King of Kings (chiamarli “racconti” sarebbe sbagliato) le ho scritte per me stesso. Erano degli sfoghi, delle pagine di diario, delle mail non spedite… non saprei nemmeno io come definirle. Erano nel mio PC di allora (un cassone enorme che chiamavo affetuosamente “Bobone” piazzato sul soppalco della mia vecchia casa in viale Cassala a Milano) e, in teoria, lì sarebbero dovute rimanere. Se non che, una sera, l’amico Leonardo Pelo (fondatore di Addictions) venne a trovarmi e, come spesso capitava in quel periodo, nel breve volgere di poche ore ci ritrovammo ubriachi persi a fissare il fondo della seconda bottiglia di Jack Daniel’s.
“Non hai niente di nuovo da farmi leggere?” mi chiede Leo. “No”, gli rispondo io. “Ma senti, le tue storie d’amore come vanno?” insiste lui — e stavamo biascicando molto più di quanto sia lecito trasporre su carta — al che io gli rispondo “Una merda, grazie” e riattacco a bere.
Ora, credetemi, non ricordo proprio come siamo arrivati sul soppalco. Era ripida, quella scala di legno, e noi facevamo fatica anche a stare in piedi. Eppure, a un certo punto eravamo lì, e io gli stavo facendo leggere “quella roba”, come la chiamavo allora.
Non voglio dilungarmi oltre (l’ho già fatto nell’introduzione al libro), ma alla fine Leonardo mi ha convinto a pubblicarlo.
Il libro esce, quindi. Casa editrice piccola, distribuzione limitata, ergo aspettative di vendita prossime allo zero. Ma accade il miracolo. Uno dei commessi/librai della FNAC di via Torino a Milano ha letto King of Kings e se ne è innamorato. E gli ha appiccicato la fascetta “raccomandato dalla FNAC”. Non solo, però… ha fatto di più. Il libro gli è piaciuto così tanto che in dicembre… mi fermo un attimo e faccio rispettosamente notare: in dicembre, periodo in cui di solito le grandi librerie pullulano di strenne natalizie firmate dai vari Bruno Vespa, Maurizio Costanzo, Luciana Littizzetto all’epoca, e dai vari Fabio Volo, Ligabue, [inserite qui il nome di un calciatore a piacere] e Luciana Littizzetto (sì, lei resiste) adesso… ebbene, in dicembre quel libraio (di cui non ricordo il nome, ma che non smetterò mai di ringraziare), ha spinto tanto e tanto insistito da riuscire a far diventare il piccolo, anonimo, insignificante King of Kings LIBRO DEL MESE (il maiuscolo ci vuole) della FNAC.
Dicembre. Natale. Il periodo in cui si vende il 90% dei libri comprati in Italia… e quest’uomo coraggioso fa diventare LIBRO DEL MESE una raccolta di racconti che racconti non sono, pubblicata da una casa editrice minuscola e scritta da un autore che, allora, era conosciuto — se possibile — ancora meno di quanto è conosciuto ora.
Insomma, si andava alla FNAC e, scesi dalla scala mobile del piano libreria, c’era una PIRAMIDE di copie di King of Kings. Tipo quelle di Ken Follett, avete presente?
Risultato, le ottocento copie vendute di King of Kings (una più, una meno) sono state vendute quasi interamente in quel mese e in quella libreria. Un successo — relativamente parlando — del tutto inatteso.
Perché ripubblicarlo ora
Be’, la risposta è semplice. Addictions non esiste più. Il libro è fuori catalogo da una vita. Qualche pazzo su ebay lo vende a 25 euro.
E, comunque, mi andava di farlo. Sono racconti — no, frammenti — che rispecchiano un periodo strano e importante della mia esistenza: senza quegli anni, così travagliati e drammatici, non sarei quello che sono ora.
E poi perché, questa volta, gli ho fatto una copertina da paura.
Poi, lo so, visto che si tratta di cose così personali, so già che tra un po’ lo tolgo dal Kindle Store, come ho già fatto nel 2014.
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So long, and thanx for all the fish.
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