Scrittura creativa: la gestione delle idee

Questo post dà inizio a una serie di articoli in cui riassumerò, in pillole, gli argomenti che di solito tratto nei miei corsi di scrittura creativa. (Per maggiori informazioni sulle date dei prossimi corsi, scrivetemi. Per ora non ne ho in programma, ma in un prossimo futuro…)
sagoma di un uomo nascosta tra i libri
Vedete l’autore?

Dove prendi le idee per i tuoi libri?

Santo cielo, mi avessero dato un euro ogni volta che — alla presentazione di un libro, durante un’intervista, a un incontro pubblico, o a cena tra amici — mi è stata posta questa domanda, probabilmente ora scriverei e basta e avrei smesso di tradurre da un pezzo (non che fare il traduttore non mi piaccia, ma scrivere è meglio).

A parte le spiritosaggini in stile Stephen King (che è solito rispondere “al supermercato”, oppure “a Utica, nello Stato di New York”), l’unica risposta possibile è… ovunque.

Dappertutto.

Le raccatto a dozzine durante la giornata, in ogni luogo e in ogni momento. Saltano fuori da dietro ogni oggetto, all’improvviso, oppure facendosi annunciare da un movimento, un colore, un suono; sono in ogni sguardo, nella faccia delle persone, in una frase captata per caso, in una scena normalissima a cui assisto mentre faccio le cose quotidiane della vita.

Quindi: dove prendo le idee per i miei libri?

Ovunque.

Ed è lo stesso luogo in cui potete prenderle anche voi.

Stereotipi di scrittura creativa: Scrittore che fuma davanti alla macchina per scrivere
Ah, gli stereotipi!

Sfatiamo qualche mito

Sogghigno sempre quando ascolto qualche mio collega scrittore che si lascia andare a descrivere romanticamente la folgorazione che l’ha colto d’improvviso, quando s’è ritrovato un romanzo bell’e pronto in testa.

Il più delle volte, sono balle spaziali.

Il primo mito da sfatare è quello dell’Ispirazione.

Quella con la I maiuscola, che fa tanto artista, fa tanto poeta, fa tanto incontrollabile destino di narratore.

Devo ancora conoscere uno scrittore (e ne conosco tanti) che ne sia stato vittima. Che s’è svegliato un bel mattino rendendosi conto che, durante la notte, la Musa Ispiratrice era passata a fargli una visitina sotto le lenzuola. Che, ancora in preda all’estasi creativa, abbia dimenticato di fare colazione e si sia precipitato a scriver di getto, sui primi fogli che gli son capitati a tiro, la sua opera più recente.

Balle. Non è vero niente.

A volte, noi scrittori diciamo queste minchiate perché… be’, perché è il pubblico che lo vuole. Lo vogliono i giornalisti che ci intervistano, o le persone che vengono alle presentazioni. E noi stiamo al gioco, e raccontiamo la favoletta dell’ispirazione.

Raccontiamo che a un certo punto, bum!, il romanzo era lì: è vero una volta su mille.

Raccontiamo che, accidenti, il nostro ultimo romanzo, compresi i dettagli della trama, l’abbiamo sognato così come poi l’abbiamo scritto: è vero una volta su diecimila.

Raccontiamo che l’idea l’abbiamo sempre avuta in testa, e che alla fine “si è scritta da sola”, di getto, e mentre ciò accadeva eravamo immersi in una specie di trance ed era come se ci guardassimo scrivere dall’esterno: è vero una volta su un milione.

Non credeteci, quando vi diciamo queste stronzate. Il fatto è che raccontare balle (volevo dire, storie) è davvero il nostro mestiere.

Quindi, mi dispiace spoetizzarvi così — so che per molti sarà come il giorno in cui qualche adulto, incautamente, si è lasciato sfuggire la verità su Babbo Natale — ma davvero non posso farne a meno, se vogliamo fare un discorso serio sui processi creativi della scrittura.

L’ispirazione non esiste.

Angelo donna tra le nubi
La Musa Ispiratrice… una creatura di fantasia

Aspettate, romanticoni: non tutto è perduto

O, almeno, non esiste così come viene dipinta.

Esistono le idee, però. Dappertutto. Ovunque, come ho già scritto.

Dobbiamo imparare a trovarle. E, soprattutto, una volta che le abbiamo trovate, dobbiamo imparare a gestirle — che è la cosa più complicata.

L’ispirazione, quella vera, quella con la i minuscola, un po’ meno poetica ma infinitamente più affascinante, entra in gioco dopo.

Copertina inglese dei Pilastri della Terra
Il capolavoro di Ken Follett

Ken Follett — che ha scritto millemila romanzi, è vero, ma ne ha scritto uno, in particolare, che entra di diritto nei migliori dieci romanzi degli ultimi cinquant’anni, I Pilastri della Terra — in un’intervista a Vanity Fair di qualche tempo fa raccontava che il suo capolavoro è nato perché…

… be’, perché gli interessava il commercio della lana nell’Inghilterra del XII Secolo.

Ma tu pensa. Esiste, secondo voi, una premessa più noiosa di questa? Eppure…

Aveva letto qualcosa da qualche parte sull’argomento, e aveva cominciato a pensarci. E si era chiesto cosa sarebbe successo se a commerciare la lana in pieno Medioevo fosse stata una donna e non un uomo.

Ora, se avete letto I Pilastri della Terra (se non l’avete fatto, rimediate subito, mi ringrazierete), un collegamento vago e confuso sarà scattato nella vostra testa. Sì, perché, smarrita tra le numerosissime sottotrame del romanzo-capolavoro di Follett, c’è anche la storia di una commerciante di lana.

Il fatto è che I Pilastri della Terra è un romanzo di oltre mille pagine che attraversa quasi settant’anni di storia e racconta in modo meraviglioso di come un manipolo di carpentieri si sia messo in testa di costruire le prime cattedrali, i monumenti al cristianesimo che esistono tutt’ora e ancora oggi ci meravigliano.

Eppure, tutto è nato dalla vaga impressione che, forse, dietro al commercio della lana nell’Inghilterra del 1100 era nascosta una possibile storia da raccontare. Poco importa se — come accade quasi sempre — alla fine la storia de I Pilastri della Terra ha preso tutt’altra direzione, si sia complicata o — per rimanere in àmbito architettonico — vi siano state aggiunte nuove ali e stanze e tetti e corridoi.

L’ispirazione, quella vera, entra in gioco nell’elaborazione di mille particolari diversi, nella capacità di creare collegamenti là dove qualcun altro non li vedrebbe, nella voglia di aprire la mente a ogni possibilità — anche la più apparentemente astrusa e priva di senso.

Per riuscirci, bisogna imparare a gestire le idee che ci piovono addosso da ogni parte nell’arco di tutta la giornata.

Perché il problema non è come farsi venire le idee: quelle arrivano a getto continuo.

Il problema è riuscire a capire quali sono le idee valide (pochissime) e quali, invece, sono soltanto fuffa, rumore bianco mentale (praticamente tutte).

Ken Follett accanto a una statua che lo ritrae
Ken Follett

Facciamo un passo indietro

Sentivo di dovervi tranquillizzare sull’esistenza dell’Ispirazione, quindi ho un po’ anticipato il discorso. È bene però tornare indietro di uno step e ritornare alle idee che ci assalgono di continuo durante la giornata.

O meglio, alle idee che ci assalirebbero di continuo… se solo permettessimo loro di farlo.

La fantasia di un narratore è come un muscolo: va allenato, altrimenti si atrofizza. Se avete intenzione di scrivere un racconto o un romanzo — e lo ritengo probabile, se siete giunti fino a questa riga — è necessario che teniate il “muscolo” della fantasia sempre in esercizio.

Prima regola: osservate.

Osservate tutto. Guardate la gente intorno a voi quando camminate per strada, osservate ogni situazione (anche se l’avete già vista centinaia di volte): guardare è diverso da vedere, ricordatevelo sempre.

Facciamo un esempio: vi fermate al solito benzinaio (sì, proprio quello più vicino a casa vostra, dove vi fermate sempre) e scendete per usare il self-service. Ora, potrebbe capitare che in coda dietro di voi ci sia qualcuno. Che macchina ha? Ha una Mercedes ultimo modello? Ottimo: magari ha fatto un cinque più uno al Superenalotto, oppure è riuscito a comprarsela dopo una vita di sacrifici, o ancora non è la sua auto, ma quella del suo capo e lui, mentre la guida, prova una certa invidia… oh, aspetta! Magari non è solo invidia, la sua, ma frustrazione, perché potrebbe essere il contabile dell’azienda e avere appena scoperto che il suo capo nasconde fondi neri alle Isole Cayman, e che sono stati proprio quei fondi neri a permettergli di comprarsi quella favolosa Mercedes.

Oppure dietro di voi c’è una vecchia Panda. No, non quelle di adesso, parlo di quelle di una quindicina d’anni fa che sembrano delle lavatrici su ruote. Chi la guida? Perché ha una macchina così brutta? È povero, oppure semplicemente se ne frega e si tiene la Panda perché funziona, e a lui non interessa altro? E se la Panda fosse l’auto su cui ha fatto l’amore con sua moglie la prima volta, e non se ne volesse separare perché la moglie ora se ne è andata, e lui non riesce a dimenticarla?

Oppure…

No, dai, sono sicuro che avete capito.

Potremmo continuare per duecento pagine. Trecento. Potremmo continuare per sempre.

E perché non dovremmo? Chi ce lo impedisce?

Seconda regola: osservate.

Trasportate questo “esercizio” nell’arco di una giornata intera. In tutto ciò che vi accade, che fate, che vedete. Immaginate la giornata della signora in coda davanti a voi al supermercato, o risalite con la fantasia al motivo per cui il ragazzo che sta seduto al bar al tavolino accanto al vostro fuma una sigaretta elettronica e non una sigaretta normale, o al perché quella ragazza tanto carina e curata sembra avere il rossetto sbavato.

Non dovete mai smettere di farlo.

All’inizio sembrerà una forzatura, qualcosa che imponete alla vostra mente (e in effetti è così). Ma, dopo un po’, vi verrà completamente naturale. Non ci farete nemmeno più caso.

E a quel punto avrete non una, non dieci… ma mille idee al giorno per possibili storie da raccontare.

Il problema è che la stragrande maggioranza di queste storie… anzi, mi correggo: praticamente tutte queste storie, narrativamente parlando…

Oh, cielo, come dirlo in modo delicato?

No, non credo ci sia un modo soft per dirlo.

Narrativamente parlando, tutte queste storie fanno schifo.

Gente in coda al supermercato
Il luogo principe dell’ispirazione

La gestione delle idee

Eccoci quindi giunti al punto cruciale di questa prima “lezione”: come possiamo capire quando una storia vale la pena di essere raccontata e quando, invece, è soltanto una delle tante fantasie senza senso che ci hanno attraversato la mente?

Esistono vari metodi, e non ce n’è uno più valido degli altri.

Alcuni scrittori prendono appunti di continuo: non appena hanno un’idea, la scrivono giù dove capita (tovaglioli, foglietti volanti, retri di scontrini, bollettini postali). Poi, una volta a casa, alcuni sistemano il loro “archivio”, altri invece lo lasciano così com’è — un mio collega, per esempio, infila tutti questi foglietti in scatole di scarpe, e poi li passa in rassegna quando gli gira, magari a distanza di anni.

Altri, invece, si attrezzano: registratori vocali, pronti a essere chiamati in causa in qualsiasi momento con la semplice pressione di un pulsante (o con una app, ora che siamo nell’epoca degli smartphone).

Oppure, c’è chi — come me, ma non è detto che sia il metodo giusto per voi — lascia che sia il cervello a lavorare in sottofondo. Non prende appunti su nulla, si limita a portare a termine la fantasia e a lasciarla cuocere nel suo brodo.

Se adottate questo metodo, vi renderete subito conto di un fatto sorprendente: una volta lasciate a “macerare” nel vostro inconscio, le idee subiscono una sorta di selezione naturale. Quelle senza senso (narrativo), quelle che non hanno un seguito (o un prequel, o una base, o un corollario), tenderanno a scomparire. Semplicemente, dopo qualche giorno non ve le ricorderete nemmeno più.

Perché il vostro cervello non smette mai di lavorare.

Locandina di "The Brain that wouldn't Die"

Ma, una volta su mille, c’è qualcosa che rimane. Diventa un tarlo, un pensiero ricorrente, un’idea che torna ad affacciarsi alla vostra mente quando meno ve l’aspettate — ricordate l’intervista di Ken Follett?

E, da quell’embrione… no, non voglio mentirvi: quell’embrione, il più delle volte, non nascerà, non si trasformerà in nulla di narrativamente concreto.

Ma, magari, aggregherà intorno a sé altri pensieri, altre diramazioni logiche (o meno logiche).

Volete un esempio? (Pura fantasia anche questa, visto che non sappiamo come è andata in realtà, ma il processo, vi assicuro, è molto simile.)

Ken Follett — sì, ancora lui — ha cominciato a ragionare e a fantasticare sulla possibile vita di una commerciante di lana nell’Inghilterra del XII Secolo. Ha immaginato una fiera, dove la lana veniva venduta. E poi si è reso conto che, a quell’epoca, i mercati in cui si vendeva la lana erano quasi sempre nei pressi di un’abbazia o di un monastero. E poi, dopo una settimana, o due, o tre, gli è venuto in mente che, a quell’epoca, i monaci erano i depositari del sapere, e il volgo viveva nell’ignoranza. E c’erano i mestieri, le gilde, le corporazioni, e una di queste corporazioni era quella dei carpentieri. E se un carpentiere si fosse trovato improvvisamente alla disperata ricerca di un lavoro, di un incarico per mantenere la sua famiglia, altrimenti destinata a morire di fame? E se l’unico incarico disponibile fosse stata la ristrutturazione di un’abbazia, e il carpentiere senza volerlo si fosse ritrovato in mezzo a una lotta di potere tra clero e monaci? E se, una volta cominciato il lavoro, avesse trovato il coraggio di presentare il progetto per una costruzione azzardata, audace, mai vista prima? E se…

E se…

E se…

Senza fine. Gli “e se” hanno la tendenza a moltiplicarsi all’infinito.

E ogni tanto, se siete davvero fortunati, vi fa visita l’ispirazione — quella vera — e tutti questi e se cominciano a prendere forma, e diventano una storia.

Ma ricordate: non si può saltare nessun passaggio intermedio. Il “muscolo” dell’immaginazione narrativa va allenato di continuo.

Perché, fondamentalmente, tutti sono capaci di fantasticare, ma in pochi sono in grado di trasformare quelle fantasticherie in storie degne di essere raccontate.

E, soprattutto, di essere lette.

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4 Comments

  1. Maurizio said:

    Ciao Stefano amico nerazzurro sono vighivm su twitter, sono interessato a TUTTI i tuoi articoli ma in particolare a quelli sulla “scrittura creativa” , prima o poi devo riuscire a scrivere un racconto, anche di poche pagine !!!

    25 Gennaio 2017
    Reply
    • Mi fa molto piacere… qui pubblicherò spesso articoli sulle basi della scrittura creativa, quindi se vuoi iscriviti al sito, riceverai ogni articolo via mail. E poi quando farò partire i corsi di sicuro ne parlerò qui!

      Grazie e a presto!

      25 Gennaio 2017
      Reply
  2. Carla said:

    Sarei molto interessata ad un eventuale corso di scrittura creativa… nell’attesa comincio con un’interessante infarinatura dei suoi articoli….Grazie mille

    14 Marzo 2017
    Reply
    • Sei la benvenuta. Non appena sarà in programma un corso e/o un seminario, ne sarai sicuramente informata.

      Grazie, e continua a seguire il sito!

      20 Marzo 2017
      Reply

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