(In ricordo di) William Peter Blatty

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Maledizione, William Peter Blatty è morto pochi giorni fa, e io mi ero ripromesso solennemente di non pubblicare mai, su questo sito, articoli “in memoria”: trovo la prassi del R.I.P, ormai così diffusa sui social, ipocrita e anche un po’ fastidiosa.

Il fatto è che, quando a dicembre progettavo stefanomassaron.net, una delle prime idee che ho avuto è stata quella di dedicare una sezione a quegli autori, spesso sottovalutati dal grande pubblico italiano, che ritengo fondamentali per la mia formazione — che, a scanso di equivoci, è una formazione “di genere”.

Autori tra cui — accanto ad altri scrittori straordinari come Richard Matheson, Ira Levin e Ramsey Campbell (tanto per citarne alcuni) — c’era ovviamente anche William Peter Blatty.

William Peter Blatty di fronte a un poster dell'Esorcista
William Peter Blatty nel 2010

La maledizione dell’Esorcista

E come avrebbe potuto restarne fuori? L’Esorcista è probabilmente il film più spaventoso della storia del cinema (anzi, facendo la “tara all’inflazione” come si fa per gli incassi, e quindi tenendo conto dell’evoluzione degli effetti speciali, bisogna proprio togliere il “probabilmente”), ed è tratto dall’omonimo romanzo di William Peter Blatty, The Exorcist, del 1971.

Locandina della versione integrale dell'Esorcista
Finalmente, la versione integrale

William Friedkin porta il romanzo di Blatty sul grande schermo nel 1974, e il cinema non sarà più lo stesso: negli Stati Uniti si diffonde addirittura una sorta di isteria di massa, con ambulanze parcheggiate davanti alle sale in cui si proietta il film; il conto dei malori e degli svenimenti durante la proiezione viene riportato dai notiziari serali quasi come fosse un bollettino di guerra. Si sparge addirittura la voce che Linda Blair, la giovane attrice protagonista, si sia dovuta ricoverare per un esaurimento nervoso dopo aver girato il film (notizia mai confermata).

Purtroppo, dopo pochi giorni di programmazione, e soprattutto quando arriva in Italia, lo straordinario film di Friedkin — di cui Blatty ha firmato la sceneggiatura, per cui vincerà un Oscar — è già passato sotto la ghigliottina della censura: alcune scene, infatti, sono troppo violente e blasfeme per poter sopravvivere al puritanesimo americano (figuriamoci all’Italia della DC).

Una su tutte, la scena in cui la piccola Regan, ormai già trasformata in mostro, si auto-penetra con un crocifisso, fissando la madre con occhi spiritati e ripetendo ossessivamente “Fatti chiavare da Cristo! Fatti chiavare da Cristo!” Per vederla — e per vedere il film guarito dal vero e proprio massacro operato dai censori — dovremo aspettare le versioni uncut che cominceranno a circolare solo nei primi anni Ottanta.

Che è, più o meno, il periodo in cui io — appena quattordicenne, e finalmente libero di andare alle proiezioni V.M.14 — mi faccio venire la malaugurata idea di andare al cinema a vedere, finalmente, il film di cui tutti parlano ininterrottamente da anni. Ho già letto il libro (di cui parlerò tra poco), ma nulla mi può preparare all’impatto visivo del film.

Primo piano di Linda Blair e del vomito verde
La piccola Regan (Linda Blair)

Ora, sono sicuro che tutti quelli che hanno all’incirca la mia età abbiano un ricordo particolare legato a una scena piuttosto che a un’altra de L’Esorcista, e questo penso sia forse il segno più inequivocabile di quanto sia stato importante per tutti noi.

Per quanto mi riguarda, il terrore che provo quando, nel silenzio della casa, si sente (e si vede!) il letto di Regan sobbalzare e sbattere contro il pavimento rimarrà ineguagliato nel mio sistema nervoso almeno fino al viaggio in triciclo di Denny Torrance nei corridoi dell’Overlook Hotel in Shining.

Copertina della prima edizione italiana dell'Esorcista
La prima edizione italiana del romanzo

Eppure, il libro l’avevo già letto. The Exorcist è probabilmente uno dei romanzi horror meglio scritti di sempre. Nel 1971, quando esce negli USA, diventa subito un fenomeno di massa: è la prima volta che la fiction si occupa del rito dell’esorcismo cattolico, e la maestria di scrittura è tale che, unita al fascino e alla novità dell’argomento, porta immediatamente il romanzo in vetta alle classifiche dei bestsellers del New York Times (rimarrà al #1 per diciassette settimane consecutive). In poco più di un anno, The Exorcist vende quasi dieci milioni di copie.

In Italia viene pubblicato da Mondadori, con la traduzione (più che buona) di Maria Basaglia. Io lo leggo nell’edizione del 1977 del Club degli Editori, ma un paio d’anni dopo: dovevo avere dodici o tredici anni, più o meno, non ricordo con precisione.

Ma non ha molta importanza l’edizione, ciò che importa è che L’Esorcista segna il mio primo incontro con l’horror moderno, ed è un primo appuntamento coi fiocchi, di quelli che si raccontano ai nipotini — difficile avere tanto culo avvicinandosi a un genere, soprattutto se si pensa alle ciofeche che giravano in italiano in quegli anni (la mia abitudine di leggere direttamente in inglese è ancora un paio d’anni nel futuro).

Ma, considerando che il romanzo è straordinario, che il film lo è altrettanto, e che entrambi di fatto fanno la fortuna di William Peter Blatty — che fino a quel momento aveva pubblicato con scarso successo un paio di altri romanzi — perché parlo, allora, di maledizione dell’Esorcista?

L'attrice Linda Blair sul set prima del trucco
Linda Blair sul set prima del trucco: come si vede, sta bene…

Gli altri lavori di William Peter Blatty

Perché, un po’ come capita a qualche cantante che firma un’improvvisa hit di successo, WPB rimane in qualche modo “ancorato” al peso de L’Esorcista. Al contrario di quanto riesce a fare Stephen King dopo Carrie, Blatty fa molta fatica a “liberarsi” dell’enorme successo del suo romanzo (che pure non è il suo romanzo di esordio).

E, in questo, il cinema non lo aiuta: negli anni immediatamente successivi, Hollywood sfrutta, come è maestra nel fare, il filone fino a esaurirlo completamente: in rapida successione, escono L’Esorcista II — L’eretico, L’Esorcista III (diretto dallo stesso WPB, e forse per questo l’unico sequel degno di menzione), Exorcist: The Beginning e Dominion: Prequel to the Exorcist. Più, ovviamente, una marea di pellicole meno importanti che vede la luce tra il 1974 e il 1985.

Locandina di "The Ninth Configuration"
Locandina di “The Ninth Configuration”

Eppure, almeno altri due romanzi di Blatty sono assolutamente degni di nota. Nel 1978, WPB ripesca uno dei suoi primi lavori, Twinkle, Twinkle, Killer Kane e lo riscrive in parte, trasformandolo in The Ninth Configuration.

The Ninth Configuration, a quanto ne so mai pubblicato in italiano, è un romanzo sorprendente, ambientato in un manicomio per veterani della guerra del Vietnam. La messa in discussione dell’esistenza di Dio, unita alla violenza efferata (ma mai gratuita) di alcune scene lo rendono indimenticabile e, a mio parere, il top della produzione letteraria di Blatty.

Nel 1980, Blatty realizza, produce e dirige il film La Nona Configurazione che, nonostante lo scarso successo di pubblico, è da considerarsi uno dei capolavori del genere. Addirittura, il critico cinematografico di People Magazine lo definisce “il miglior film surrealista americano che sia mai stato girato”, e il film ottiene tre nomination ai Golden Globe e si assicura il premio come miglior sceneggiatura, sconfiggendo pellicole passate alla storia come, per esempio, The Elephant Man di David Lynch.

Di qualche anno dopo è Legion, sequel dichiarato di The Exorcist (anche se Blatty affermerà sempre che, in realtà, il vero sequel è The Ninth Configuration), che nel 1990 diventerà la base del film The Exorcist III. La figura più inquietante del romanzo, il Gemini Killer, è ispirata direttamente al killer dello Zodiaco, che in una delle tante lettere scritte al San Francisco Chronicle aveva avuto parole di elogio per L’Esorcista.

Pur non arrivando ai livelli de La Nona Configurazione (e nemmeno a quelli de L’Esorcista, in realtà), Legion resta comunque un ottimo romanzo, che si installa nel filone — ormai consolidatissimo, e per merito dello stesso Blatty — delle “possessioni demoniache”.

Tutto il resto

Locandina di "Peter Gunn"
Peter Gunn

William Peter Blatty, oltre ai romanzi e ai film, ha avuto anche una feconda carriera come sceneggiatore, e tra l’altro in un genere, la commedia, radicalmente diverso da quello con cui ha ottenuto il successo planetario.

Nella sua carriera di sceneggiatore spicca la collaborazione con il regista Blake Edwards. Di WPB, tra le altre, sono le sceneggiature di A Shot in the Dark (“Uno sparo nel buio”, 1964, secondo film della saga della Pantera Rosa), Gunn (“Peter Gunn: 24 ore per l’assassino”, 1967, di cui restano indimenticabili le musiche di Henry Mancini — il tema, celeberrimo, è stato eseguito anche dai Blues Brothers e dagli Art of Noise) e Darling Lili, (“Operazione Crêpes Suzette”, un musical del 1970 con Julie Andrews e Rock Hudson).

Nonostante la sua prolificità e il suo eclettismo, però, sono sicuro che il suo nome — a torto o ragione — rimarrà sempre associato a L’Esorcista, un libro e un film che hanno cambiato un’intera generazione di lettori e spettatori.

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2 Comments

  1. Alberto da Milano said:

    Salve. Ottimo articolo, veramente. Da maniaco dei particolari quale sono, vorrei però segnalare un piccolo errore. Regan si autopenetra col crocifisso davanti agli occhi di sua madre Chris, non di padre Karras. Auguri per il suo lavoro e scusi la pignoleria.

    8 Luglio 2021
    Reply
    • Salve Alberto… lei ha assolutamente ragione. Provvederò più presto a correggere l’articolo in questione. La ringrazio moltissimo per avermi segnalato l’imprecisione.

      12 Ottobre 2021
      Reply

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